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Storia dell’Ancona Calcio.

LE ORIGINI

L’Unione Sportiva Anconitana è una delle società calcistiche più longeve del nostro Paese: fu fondata nel 1905 , sette anni dopo la disputa del primo campionato italiano, vinto dal Genoa nel 1898. Il football si sviluppò nel capoluogo dorico grazie agli intensi scambi commerciali sul Mediterraneo con i marinai inglesi che attraccavano al porto di Ancona. I loro allenamenti nelle piazze cittadine destarono l’attenzione dei giovani e di colui che viene considerato il padre fondatore del club: il commerciante Pietro Recchi, atleta eclettico, spesso all’estero per motivi di lavoro. Durante un viaggio in Inghilterra fece tappa a Liverpool, dove assistette ad una partita di calcio: ne fu affascinato al punto che decise di imitare il modello inglese e allestire una squadra nella sua città. Importò tenute biancorosse (i colori del Liverpool , rimasti quelli dell’Ancona) e in un giorno non ben precisato del marzo 1905 (i pareri sono contrastanti, anche perché l’atto costitutivo fu formalizzato dopo alcune riunioni, ma si tramanda che fosse il 5 marzo), fondò l’U.S. Anconitana – una polisportiva che all’atletica, al ciclismo e al pugilato, affiancò il calcio – non già in un magazzino del Teatro delle Muse, come sostengono alcune fonti, bensì in corso Vittorio Emanuele, presso l’ufficio dell’ingegner Luigi Battenti, podista e ciclista di buona levatura, che fu eletto presidente all’unanimità dagli altri cinque soci fondatori: il dottor Vincenzo Gioacchini, l’imprenditore Luigi Giampieri, Giovanni Ferretti, Mauro Parlamenti e lo stesso Pietro Recchi. I primi incontri di un certo rilievo vennero organizzati contro occasionali formazioni di marinai inglesi che Recchi, allenatore e giocatore, contattava direttamente a bordo dei piroscafi britannici. Dal 1905 al 1910 l’Anconitana disputò diverse partite con squadre limitrofe, tra cui la Maceratese, una delle più fiere rivali dell’epoca, sui piazzali esterni all’antica Porta Cavour. A prendersi cura di palloni e scarpe da da gioco fu il popolare “Gustì” Prinicipi, che aveva la propria bottega in uno scantinato del Teatro delle Muse, diventato col tempo la sede storica del club. Il primo incontro menzionato dalle cronache cittadine risale al 19 febbraio 1911 contro una formazione del piroscafo inglese “Britannia”. La squadra dorica era così composta: Ricci, Bonetti, Giampieri, Giambartolemei, Battucci, Rotini, Mancinelli, Dominelli, Recchi, Renzi, Palma. L’incontro finì 1-1 con pareggio di Recchi nella ripresa su rigore. Tutti i giocatori erano anconetani: tra questi, Ernesto Fogola, caduto con l’aereo nella conquista di Monte Santo nella prima guerra mondiale, insignito con la medaglia d’argento al valor militare. Col tempo l’Anconitana cominciò ad attirare le simpatie degli sportivi. Nel 1911 la squadra fu invitata a Zara per un’amichevole: i colori biancorossi che si stagliavano sul rettangolo verde, crearono un effetto suggestivo che rimandava al tricolore e suscitò l’entusiasmo dei patrioti presenti. Il giorno di Pasqua del 1911 l’Anconitana affrontò i marinai del piroscafo “Peruvian” con questa formazione: Ricci, Fogola, Palma, Salvini, Battucci, Rotini, Mancinelli, Domenella, Recchi, Antonucci, Crola. I biancorossi vinsero 3-2. Gli impegni, pian piano, crescevano. Ad aprile i dorici vinsero 5-2 contro una squadra del piroscafo “Galles”, poi s’imposero 3-1 con i marinai dell’incrociatore italiano “Vettor Pisani”. Le attività furono interrotte per lo scoppio della guerra italo-turca e ripresero nel 1912, quando fu nominato presidente il cavalier Ugo Borghetti, l’ideatore del famoso “Caffè Sport”, affiancato da Aldo Neri, Dante De Angelis e altri dirigenti. Il 12 febbraio ripresero gli allenamenti e il 24 marzo l’Anconitana rifilò un 10-0 ai marinai del piroscafo “Winston” con la seguente formazione: Alessandrelli, Magini, Fogola, Giuliani, Battucci, Giampieri, Mancinelli, Biondi, Dominella, Giambortolomei, Crola. La prima trasferta fuori regione risale al 31 marzo 1912, quando la squadra fu inviata a Perugia per un’amichevole con la Fortebraccio. L’Anconitana fu battuta per 2-0, ma nel secondo match di ritorno, giocato il 28 aprile, si riscattò vincendo 6-0 con rigore di Sabatini (concesso dall’arbitro Palmieri di Roma), gol di Recchi e Dominella, doppietta di Antonucci e rete finale di Crola. Il successo esaltò i tifosi, che accorsero in massa per il primo derby cittadino giocato il 5 maggio 1912 contro la società per l’Educazione fisica Stamura, fondata nel 1907, che nel frattempo aveva allestito una squadra di calcio: l’Anconitana trionfò 5-2 con questa formazione: Cugnini, Biondi, Fogola, Maggi, Magini, Grimaldi, Palmarocchi, Anselmi, Alessandrelli I, Panzone, Alessandrelli II. Alcune partite, sia pure amichevoli, erano molto sentite. Come il doppio confronto con un’altra squadra di Perugia, la Libertas: all’andata (12 maggio) vinse l’Anconitana 4-2. Nella gara di ritorno in Umbria, giocata sette giorni dopo, i locali si riscattarono grazie a un autogol. Non mancarono le polemiche per la direzione di Duilio Paoloni, uno dei primi arbitri anconetani, nonché presidente biancorosso nel 1913 e nel 1919 e poi negli anni Trenta, al qualche il calcio dorico deve moltissimo per la sua passione e le doti manageriali. La guerra in Libia sospese le attività, che ripresero il 15 febbraio 1913. Il 20 aprile l’Anconitana superò 8-0 i marinai del “Rugbean”. Si giocava a Piazza D’Armi, dove il campo era recintato da fil di ferro e i giocatori stessi issavano e smontavano le porte, senza reti, nei pressi delle quali collocavano piatti per le offerte del pubblico destinate a finanziare la società. Con la prima squadra militavano Italo Fogola e Orazio Panzone, entrambi prodotti del vivaio, consegnati alla storia come due dei più importanti giocatori dell’Anconitana degli anni Venti. Panzone, così come Saracini, Cugnini ed altri, diverrà anche uno stimato arbitro a livello nazionale. Nell’agosto 1913 i dorici superarono il Football Club Loreto per 5-1 con la seguente formazione: Grimaldi, Masi, Arzeni, Fogola, Cugnini, Giampieri, Rossi, Alessandrelli I, Borghetti, Panzone, Alessandrelli II. Il 17 e il 18 ottobre 1913 i biancorossi debuttarono nella “Coppa Bonci” che vinsero in finale contro la Stamura dopo aver eliminato il Loreto, la Misa Senigallia e la Braccio di Fortebraccio di Perugia. Nel gennaio 1914 l’U.S.A. annunciò di aver ingaggiato un allenatore: Agostino Ceda, ex giocatore del Piemonte F.C. di Torino. Dopo un torneo con la Virtus Macerata e la Misa di Senigallia, il 5 aprile 1914 la squadra fu invitata a Bologna dalla già famosa compagine rossoblu di Prima divisione. Sul campo dello Sterlino, ridotto ad un pantano da un nubifragio, l’Anconitana si presentò con: Rossi I, Fogola Ernesto I, Fogola Italo II, Rossi II, Pirani, Alessandrelli, Grimaldi, Borghetti Carlo, Panzone, Magi, Crola (capitano). Il Bologna vinse 5-0. Il 23 e 24 maggio l’Anconitana disputò a Macerata il primo campionato effettivo, denominato “Campionato Marchigiano”. Vi parteciparono : Fbc Loreto, Misa Senigallia, Stamura, Virtus Macerata e U.S. Maceratese. L’Anconitana, dichiaratamente più forte di tutte, fu ammessa di diritto in semifinale, dove, la mattina del 24 maggio, superò per 4-0 la Virtus Macerata. Le finali erano previste per il pomeriggio, ma il programma fu stravolto da un nubifragio. La finale per il 3°-4° posto fu annullata, mentre quella per il titolo regionale tra Anconitana e Stamura durò appena 25 minuti. Con i dorici già avanti 3-0 (gol di Attilio Rossi e doppietta di Maggi), l’arbitro Giampieri di Verona sospese l’incontro per maltempo, dando partita vinta ai biancorossi, che erano scesi in campo così: Rossi I, Fogola I, Sabbatini, Alessandrelli, Trebbi, Rossi II, Borghetti Carlo, Grimaldi, Panzone, Maggi, Fogola II. Furono le ultime gare prima della guerra del 1915-18. Le attività furono definitivamente sospese dopo il terribile terremoto della Marsica del 13 gennaio 1915.

LA RIPRESA DOPO LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Dopo i disastri bellici, si tornò a parlare di calcio il 24 aprile 1919, quando in una riunione dell’Anconitana si celebrò una commemorazione del presidente Ugo Borghetti, deceduto il 24 gennaio di quell’anno, e venne costituito un consiglio direttivo provvisorio presieduto prima da Eugenio Crupi e poi da Duilio Paoloni. Pochi mesi dopo assumerà la presidenza il prof. Enrico Costarelli, vicepresidente il conte Alberto Galamini: il 1919 si chiuse con 11 gare disputate (sei vittorie, tre pareggi e due sconfitte con 31 gol fatti e 10 subiti). Nel frattempo, la squadra si era trasferita stabilmente al campo di Piazza D’Armi, costruito ad hoc dalle autorità militari: qui l’Anconitana disputerà il suo primo campionato ufficiale, nel 1920, partecipando alla Prima categoria Ulic (Unione Libera Italiana del Calcio, nata come federazione non dipendente dalla Figc). Nel girone marchigiano (composto da S.C. Loreto, Audace e Folgore), l’Anconitana trionfò vincendo 5 gare e pareggiandone una: all’andata 5-1 alla Folgore, 3-1 all’Audace e 0-0 col Loreto. I biancorossi approdarono così alla fase nazionale. In semifinale incontrarono l’Argentero di Torino. All’andata in Piazza D’Armi (23 maggio 1920) finì 2-2 con reti doriche di Panzone e Masotti. Ma al ritorno, al campo Pastore di Torino, l’Anconitana fu travolta per 5-1 (gol della bandiera di Masotti), scendendo in campo con questa formazione: Rossi I, Speranzini, Fogola I, Campogiani, Grimaldi, Saracini, Ercole, Callegari, Panzone, Gentili, Masotti. L’Anconitana non si perse d’animo e cominciò a preparare il suo primo campionato Figc: nel dicembre del 1920 debuttò in Terza Categoria Marche. Dominò il girone regionale superando Vigor Senigallia, Virtus e Robur di Macerata, Tolentino e Folgore Ancona e conquistò la promozione. Ma a seguito dello scisma in seno alla Figc, l’anno dopo l’Anconitana decise di partecipare al campionato organizzato dalla C.C.I. (Confederazione Calcistica Italiana), iscritta nel girone B della Prima categoria Marche: la squadra dorica stravince dapprima il Torneo di Ancona (4 vittorie su 4 contro Vigor Senigallia e Folgore), ripetendosi nel girone regionale (contro Vigor Senigallia, Helvia Recina e Robur Macerata). Strappò così una storica qualificazione alle finali della Lega Sud. Ma il 14 maggio 1922 sul neutro di Roma l’Anconitana fu sconfitta al primo turno dalla Puteolana (3-0), che poi sarebbe arrivata alla finalissima con la Fortitudo Roma. La prima esperienza in campo nazionale, tuttavia, fu accolta con entusiasmo dalla dirigenza dorica , che continuò ad investire nella prima squadra e nel settore giovanile, guardando con ottimismo al torneo successivo, stavolta sotto l’egida della FIGC. Dopo alcune amichevoli in Toscana con Prato (1-1) e Fiorentina (vittoria per 2-1) e a Perugia (1-1), l’Anconitana ebbe accesso diretto alle semifinali interregionali di Lega Sud, in quanto unica iscritta delle Marche. Nel girone A trovò il Savoia di Torre Annunziata, l’Alba Roma e la Pro Italia Taranto: chiuse con un rispettabile secondo posto con tre vittorie, un pareggio e due sconfitte, preceduto dal Savoia. Ma il risultato più prestigioso arriverà nel campionato 1924/25: sotto la guida dell’ungherese Bakony, giocatore e allenatore, l’Anconitana arrivò a un passo dallo scudetto nazionale. Superò la fase interregionale (dopo un emozionante spareggio con la Lazio, che si aggiudicò per 1-0 a Napoli proprio grazie ad una rete di Bakony) e approdò alla finale della Lega Sud contro l’Alba Roma (antenata dell’attuale Roma). Nel doppio incontro del luglio 1925 i dorici persero nettamente, ma fino all’ultimo cullarono il sogno di contendere al fortissimo Bologna (finalista della Lega Nord) il titolo italiano.

L’INAUGURAZIONE DEL DORICO

Il progetto era avveniristico e particolarmente oneroso: Il Comune di Ancona stanziò un milione di lire per realizzarlo. Un’opera imponente e necessaria perché, come scriveva il Corriere Adriatico il 9 ottobre 1928, “l’intensa vita sportiva anconitana, che ha raggiunto le più alte vette in campo nazionale ed internazionale, si è svolta sino ad oggi entro limiti troppo angusti a causa della mancanza di un ben attrezzato campo vicino al centro”. L’ingegner Giorgetti fu incaricato dal regime fascista di ideare un’opera sontuosa che che sostituisse il campo Divisionale di Piazza D’Armi: uno stadio dedicato al football ì, al rugby, all’atletica, con una capienza di diecimila spettatori, una tribuna coperta in cemento da 1500 posti e gradoni in terra battuta. All’interno, una palestra, uffici, spogliatoi e docce per una superficie complessiva di ventimila metri quadri lungo Viale della Vittoria, nell’area in cui sorgeva il poligono di tiro. Il Dorico, in epoca fascista battezzato Stadio del Littorio, doveva essere inaugurato l’8 marzo del 1931, ma un nubifragio costrinse a rinviare la cerimonia, che coincideva la partita con il Prato, a giovedì 19 marzo: fu un debutto indimenticabile perché l’Anconitana superò per 5-0 i toscani. Il Dorico divenne il tempio del calcio biancorosso: per oltre sessant’anni ha conosciuto momenti storici, come il primato e presenze del 14 giugno 1992, quando si festeggiò la prima promozione in Serie A (14.196 spettatori contro l’Udinese) fino al 29 novembre 1992, il giorno del doloroso commiato: dopo un Ancona-Cagliari 0-1 il Dorico andò in pensione per lasciar spazio al neonato Del Conero. Commossi messaggi di addio tappezzarono la città. Il vecchio e caro impianto sarebbe tornato ad accendersi per un breve periodo, diciotto anni dopo, con l’Ancona estromessa dalla B e ripartita dall’Eccellenza grazie al Presidente Andrea Marinelli. Attualmente il Dorico è in fase di restauro, molti i lavori già fatti. Il Dorico, in gestione all’Ancona, viene utilizzato dalle formazioni del settore giovanile.

LA FUSIONE CON L’EMILIO BIANCHI

Alla fine degli anni Venti un’altra società anconetana guadagnò consensi e successo-. Era la S.S. Emilio Bianchi (fino al 1928 Borgetto) che riuscì nell’impresa di salire in due anni dalla Terza Divisione alla Serie C, partecipando nel 1931/32 allo stesso campionato dell’Anconitana. Un’escalation conseguita nonostante mezzi economici limitati, come testimonia un curioso aneddoto del febbraio del 1932: il giorno della trasferta in Sardegna per la partita con la Torres, la squadra si accorse che mancavano 500 lire per acquistare il biglietto ferroviario per Civitavecchia. Solo grazie al provvidenziale prestito di uno dei giocatori, Armando Radice, fu possibile effettuare il viaggio: utilizzò una somma che avrebbe dovuto consegnare ad un amico a Chilivani, lungo la linea ferroviaria Olbia-Sassari. Per la cronaca, Radice segnò il gol del vantaggio per l’Emilio Bianchi, che poi fu sconfitta dalla Torres per 3-1. E al ritorno restituì regolarmente il denaro. Nemmeno l’Anconitana versava in buone condizioni economiche: la società fu commissariata col cavalier Pietro Recchi chiamato a svolgere il doppio ruolo di presidente e allenatore. Entrambe le rappresentative doriche raggiunsero una tribolata salvezza, ma il 10 luglio 1932 decisero di fondersi, dando vita all’Anconitana Bianchi: il nuovo sodalizio, diretto dal dr. Perotti (Presidente) e dall’ avv. Maravalle (vicepresidente), adottò il giallorosso in memoria dei colori storici delle due società (il rosso dell’Anconitana, e il giallo dell’Emilio Bianchi). Per l’Unione Sportiva Anconitana non si trattativa della prima collaborazione con realtà sportive del territorio: già nel 1923 aveva inglobato la S.G.S. Folgore, mentre nel 1927 avvenne la fusione con la S.E.F. Stamura: nacque la Società Sport Ancona, con la presidenza del cav. Benedetto Veneziano. La squadra abbandonò i tradizionali colori biancorossi e adottò l’azzurro. Ma l’iniziativa non fu propizia: il sodalizio venne liquidato nel breve volgere di un anno, l’Anconitana tornò indipendente e costituì una pentarchia presieduta dal commendator Moroder e dall’ avv. Guido Roberto Ascoli (vicepresidente).

GLI ANNI D’ORO

La fusione con l’Emilio Bianchi fu particolarmente felice: l’Anconitana-Bianchi visse dieci anni d’oro., fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Determinante fu l’avvento della presidenza, nel dicembre 1933, di Benedetto Veneziano, facoltoso grossista tessile anconetano, già attivo in società negli anni Venti. Ebbe l’intuizione da un lato di promuovere cospicui investimenti nel settore giovanile, dall’altro di attirare giocatori importanti, offrendo in cambio l’assunzione nella propria azienda. Alla viglia del campionato 1933/34 Veneziano regalò ai tifosi un valoroso trio d’attacco pescato da fuori regione: Baldinaotti (toscano), Corbelli (emiliano), e Taccini (lombardo). L’interno sinistro Guido Corbelli sarebbe arrivato ad indossare la maglia della Nazionale: nel marzo del ‘40 firmò la rete dell’ 1-1 in un’amichevole a Torino contro la Svizzera. L’eredità di Veneziano fu raccolta nel 1936 da Adriano Archibugi, appassionato presidente che colse nella risonanza mediatica un’opportunità preziosa: seppe regalare prestigio e fama all’Anconitana-Bianchi, allacciando rapporti con società di Serie A, come testimonia un’amichevole disputata col Milan e vinta 2-1 (19 novembre 1936). Fu anche fortunato perché al primo tentativo conquistò un traguardo eccezionale, la Serie B, grazie al gioco spumeggiante dell’ungherese Koeszegy e ai gol di Corbelli. Il calcio dorico raggiunse il suo massimo livello, suscitando l’interesse della critica sportiva nazionale: la storica promozione fu celebrata il 16 maggio 1937, dopo la vittoria casalinga per 3-0 contro il Fano. E in quella esaltante stagione l’Anconitana-Bianchi arrivò al quinto turno di Coppa Italia. Il debutto tra i cadetti fu davvero sensazionale: la squadra dorica fu considerata la rivelazione dell’anno. Nel ‘37-38 l’accoppiata Archibugi-Koeszegy lottò a lungo per la Serie A, grazie all’esplosione del “pianarolo” Peppe Varoli: diventò presto un idolo della tifoseria che, nel frattempo, si era sempre affezionata ai propri beniamini e riempiva d’entusiasmo ogni domenica l’ex stadio del Littorio. In B l’Anconitana-Bianchi rimase per quattro stagioni consecutive, grazie a presidenti illuminati (come Alfredo Frontalini, che nel ‘39-40 portò la squadra al quarto posto), allenatori esperti (come l’ungherese Hirzer e il romano Degni), e giocatori di grande talento, tra cui gli anconetani doc Rutilio “Tito” Baldoni (che sarebbe passato al Genoa) e Mario Silvestrelli (poi al Liguria), oltre a Gigi Torti e Gustavo Fiorini, uno tra i migliori bomber biancorossi (71 reti). Record che poi è stato battuto da Salvatore Mastronunzio. L’idillio finì nella stagione ‘40-41, chiusa con un’amara retrocessione in C , sebbene l’Anconitana-Bianchi fosse considerata un outsider per la corsa alla Serie A, nonostante una rosa giovanissima, qualche cessione di troppo e la chiamata alle armi di alcuni giocatori. Ma non si perde d’animo: l’anno dopo con il contributo del neo-presidente Mario Baldoni e la conferma del tecnico Degni, costruì uno squadrone che ammazzò il campionato, coronato con l’immediato ritorno in B grazie ad un attacco super, in grado di realizzare la bellezza di 107 gol. Fu trionfale il pomeriggio del 9 agosto 1942: battendo il Varese nell’ultimo degli spareggi, l’Anconitana volò in B. Nel campionato ‘42-43 raggiunse la sospirata salvezza. Poi il disastro bellico che annientò anche le meraviglie del calcio dorico, tornato in vita nel ‘44-45 con una squadra che, abolito il nome Bianchi, partecipò al Torneo Primavera, un campionato Interregionale Marche-Abruzzo.